Venerdì 12 Febbraio 2010 con inizio alle 16.30 – “NEL MONDO CON GLI ALTRI”
nell’Aula Magna Collegio S. Ignazio – Messina si è svolto l’atto conclusivo di un percorso che ha visto come protagonista il modo della scuola e dell’associazionismo.
Il Moderatore – G. Signorino (Uni ME) ha introdotto i lavori, sottolineando la discrasia del termine “scontro tra civiltà”, in quanto se si tratta di civiltà, non vi può essere scontro ma confronto.
Dopo i saluti programmati, la coordinatrice del progetto, la dott.ssa Antonella Rosetto Aiello ha fatto rivivere, brevemente con diapositive, tutte le manifestazioni svolte e i gruppi partecipanti.
La prof.ssa Teresa Frisone ha poi parlato della genesi di questa esperienza e dei suoi risvolti positivi. Per dialogare gli altri, bisogna essere disponibile all’ascolto e mettere a confronto le proprie con le altrui opinioni. “Nel mondo della Scuola paradossalmente ciò è reso più difficile, proprio da una presunzione di conoscenza”
Interessante l’apporto del Gruppo SAE, con l’intervento programmato di Carmelo Labate.
NELL’IMPERVIO CAMMINO DEL COSTRUIRE LA PACE
LA TESTIMONIANZA DELL’ASS. ECUM. «E.CIALLA-SAE»
12.02.2010
Le religioni hanno una storia per certi aspetti poco convincenti. Nel tempo sono state il luogo decisivo per rivendicare per sé, nel nome di un Dio fatto prigioniero, il dominio sull’uomo. Nel suo nome sono state commesse e si commettono ancora cose atroci. Si fanno leggi che ledono la dignità della persona appellandosi al diverso colore della pelle, a una cultura diversa, alla necessità di combattere il terrorismo, senza tenere in alcun conto chi è profugo dalla guerra e dagli sfruttamenti, chi è povero e muore per fame. In nome di Dio si creano e si incrementano scontri di civiltà.
In questo contesto di conflitti opera il movimento ecumenico per costruire percorsi di pace. L’Associazione ecumenica “E. Cialla”, Gruppo locale del SAE, associazione della quale sono coordinatore responsabile, è frequentata con alterna presenza da avventisti, cattolici, ortodossi, pentecostali, valdesi e membri della Chiesa di Cristo. Essa promuove anche incontri sull’ebraismo, con i musulmani e con credenti di altre religioni. Chi ha dimestichezza con le diverse dottrine e con la storia di ciascuna parte vede bene quanto sia difficile un cammino di pace avendo a disposizione soltanto lo strumento dell’incontro e del dialogo.
Il dialogo non crea le differenze né genera i conflitti. Semmai è la definizione della propria identità (peggio se si tratta di autodefinizione) che crea esclusioni e conflitti. Dico per esperienza che anzi il dialogo tende a cogliere la diversità dell’altro come specifico dono di scambio reciproco. Anche nel caso di chi al dialogo si contrappone.
Per dialogare abbiamo bisogno di incontrarci. Ancora i luoghi virtuali d’internet sembrano più piazze di confusione che di comunione. In ogni caso escludono una grossa parte di gente che non ha i mezzi o non sa accedere a questi strumenti. Per questo continuiamo ancora a favorire gli incontri personali. Ogni incontro è il risultato di un intenso lavoro quotidiano, tessuto come un ricamo per il cui disegno ogni punto ha il suo posto e la sua importanza. E’ proprio nel tessere un incontro che si va nella direzione inversa alla tendenza del rallentare, dell’indebolire, addirittura del rifiutare il dialogo. E, anche se episodici, gli incontri corroborano le relazioni, rendono stabile il dialogo e favoriscono il convincimento in chi sta a guardare che incontrarsi è già dialogare e che è bene che diventi consuetudine di vita e di relazioni acquisite e condivise.
Nei nostri incontri l’argomento del dialogo è soltanto un pretesto del discutere, perché conta di più la possibilità data ai convenuti di tessere relazioni tra persone diverse per ogni motivo che fa ricca la diversità, ma tutte libere di esprimere idee e sentimenti (paure e obiezioni) e di proporre e condividere azioni. Senza dialogo si corre il rischio di essere esclusi e quindi pericolosamente emarginati.
D’altra parte la fede che i dialoganti professiamo si nutre della duplice speranza: del quando Dio vorrà e dell’attivo impegno storico dei dialoganti. Nel senso che non si rimanda al domani ciò che oggi si può compiere (cf Ef5,16). Oggi, cioè ogni giorno, si deve ricominciare; e da noi prima che da coloro cui è rivolto.
Camminare e progettare insieme ci permette di guardare in faccia i sintomi di una notteculturale e di valori che segnano il nostro tempo. Il dialogo ecumenico e interreligioso è una dimensione di conversione comune (cum-versus-ire): non lo si può sostenere da soli, è necessario tenerlo vivo e farlo crescere insieme. (Carmelo Labate)
Il progetto “Educazione alla pace” ha avuto un coronamento ricco e bello. Forse troppo! Peccato che la Martirani abbia ritardato l’inizio. Perché tu sai che quando si fa tardi le persone cominciano a scemare. L’intervento della Martirani è stato di carattere storico, ha voluto dire – spero di aver capito bene – che tante cose che oggi ci sembrano ovvie in realtà hanno un cammino di almeno cinquanta anni e le persone che le hanno proposte e portate avanti creando dei movimenti oggi sono morte, ma le loro iniziative possono portare ancora frutto. Quando si lavora per la pace in ambito
formativo è come seminare e sperare che altri dopo di noi possano raccogliere. Mai, dunque, scoraggiarsi. Per noi troppo avanti in età ci sembravano cose scontate, ma anche quelle di Faso, senza nulla togliere alla maestria del porgere quelle cose. Nel mio intervento (senza avere il libro e prima di ascoltare Faso) mettevo in evidenza che il
dialogo (vedi modello di Parknas) è parte essenziale per risolvere o prevenire i conflitti… visto il nostro specifico (ecumenismo) tra le religioni e tra le stesse confessioni cristiane. Ho perciò apprezzato il tutto, sia per quelli che non avevano mai sentito, sia perché ai “saputi” repetita iuvant. Purtroppo, in relazione al tema c’era poca gente e quasi tutta nota, cioè adusa a queste tematiche. Questo non ci consola, ma neanche ci scoraggia, soprattutto se noi abbiamo imparato qualcosa in più rispetto al prima.