Lunedì 11 gennaio alle ore 20.00 nella «sala dell’oratorio» della Parrocchia della Consolata (Don Orione) si è svolto l’incontro, promosso dal SAE Messina per la ventesima giornata del dialogo ebraico-cristiano.
Il presidente Prof. Carmelo Labate ha subito condotto l’uditorio alla percezione dell’evento facendo un excursus sulle origini della “giornata del dialogo ebraico-cristiano” e le ragioni della sua ripresa, dopo un anno di interruzione, per incomprensioni bilaterali. Ha anche comunicato che il tema dell’incontro : «L’accoglienza nell’ebraismo: eredità per il cristiano» era precedente a quello scelto, per quest’anno, da parte della Chiesa, “la quarta parola delle dieci parole”, ( i comandamenti), “ricordati di santificare le feste”. Paradossalmente il tema, scelto in precedenza, si rivestiva di stringente attualità, visti i fatti accaduti in questi ultimi tempi, da quelli dei ROM a Napoli a quelli di Rosarno ancora in atto. Concludendo il suo intervento ha voluto rendere omaggio a Maria Vingiani anima del SAE, per quanto ha fatto per il dialogo Cristiano-Ebraico, riuscendo a portare, sul tavolo del Segretario di Stato Capovilla e da questi al Papa Giovanni XXIII, un libro scritto da uno scrittore francese “Gesù Cristo nostro fratello”, che sicuramente ha contribuito alla nascita del documento «La Nostra Aetate» che ha di fatto aperto il dialogo con tutte le religioni. Ci penserà poi Paolo VI, che ha definito gli Ebrei “Fratelli maggiori nella fede” a suggellare questo epocale cambiamento.
Il relatore, Prof. Giovanni Caola, docente nella Facoltà di Agraria, ha voluto chiarire da subito, di non essere un’esperto titolato, ma come proprio la precedente professione di Chimico, in un’azienda privata, gli avesse consentito di entrare in rapporto con gli ebrei e di innamorarsi della loro cultura, a questa premessa è seguita la lettura di Genesi 18,1-15 “L’apparizione di Mamre”.
Raccontandolo alla maniera ebraica, il prof. Caola mette in rilievo una serie di azioni di Abramo a riguardo degli ospiti che considera dei semplici viandanti. E’ premuroso, manda a prendere l’acqua, per il lavaggio dei piedi, (Gesù nell’ultima cena farà lo stesso con gli apostoli), li porta a sedere al fresco sotto le querce, alberi maestosi con fogliame adeguato a dare frescura, fa preparare del buon cibo, dalle focacce, ai latticini al capretto, che sceglie personalmente, tenero e buono. Fa loro compagnia e li invita a soggiornare. … e rinfrancatevi il cuore; dopo, potrete proseguire, perchè è ben per questo che siete passati dal vostro servo. Qui si capisce che Abramo coglie la straordinarietà di questi viandanti, e pur rimanendo interdetto quando gli viene chiesto della moglie Sara e del preannuncio della sua prossima maternità.-… « Tornerò da te tra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio» . Il soggiorno e il sorriso di Sara.
Il nostro padre Abramo è stato accogliente, e noi che deriviamo dal popolo ebraico abbiamo ricevuto questa eredità.
Una domanda per tutti, siamo accoglienti? La nostra società di oggi è accogliente? Le nostri leggi sull’immigrazione?
Domanda piena di pathos a cui sono state date diverse risposte dai presenti. In qualche intervento si è avuta la sensazione del rifiuto dell’accoglienza ebraica, quasi contrapponendolo a Gesù di Nazaret, che invece porta a compimento la Legge Mosaica. Istruttivo è pieno di passione l’intervento dell’arch. Antonio Amato, che ha messo in luce e ben chiarito, che la dizione “soggiornarono”, vuol dire sempre “tu sei ospite a casa mia”, mentre dove c’è Dio non ci sono ‘ospiti, la casa è di entrambi, non abbiamo un’ospite nella nostra casa, ma noi e l’Ospite condividiamo la stessa esperienza, in definitiva siamo la stessa cosa. Bello e motivato l’apporto di Cettina Bassetti, che vivendo da decenni questa esperienza di accoglienza, ne ha sottolineato la valenza evangelica.
Ciao, Carlo, sei veramente bravo. Sopperisci anche alle mancanze. Caola è prof nella facoltà di Veterinaria (fisiologia). Da appassionato dell’ebraismo ci ha presentato la Va’jerà (ed apparve) ad Abramo come il paradigma dell’accoglienza universale e come ben ha sottolineato Antonio: là dove si condivide/accoglie là è la casa di Dio. Per Abramo fuori dalla tenda e sotto una quercia; per la Samaritana al pozzo di Sicar, per noi oggi ogni volta che l’accoglienza si fa concreta. I fatti di Rosarno e tutti gli altri precedenti dimostrano che lasciamo stare quando non ci toccano, rimoviamo con l’indifferenza ogni fatto che ci produce dolore. Quando poi questi esplodono non facciamo altro che parate e prese di posizioni, continuando a lasciar fare a un potere (mafioso e politico) escludente, che opera deportazioni dinanzi ai nostri occhi e noi stiamo a guardare. Appare Dio in questi contesti? Quale teofania/ospitalità pratichiamo? Ciao: Carmelo.
Dal Giornale Repubblica. Le tensioni di Rosarno. Infine, il papa ha fatto riferimento agli scontri terminati da pochi giorni a Rosarno, in Calabria. “I recenti gravi incidenti – ha detto – ci hanno offerto l’immagine tragica di una ‘guerra tra poveri’, tra immigrati sfruttati e popolazioni italiane indigenti. Una guerra provocata da una criminalità organizzata che dopo aver sfruttato per anni i clandestini cerca ora di liberarsene come oggetti ingombranti”.