«Il terzo e ultimo degli incontri sulla Riforma Luterana organizzati dal SAE di Messina con la collaborazione delle Chiese Valdese di Messina e Luterana di Sicilia, in preparazione al Cinquecentenario del 2017»
3° – LA RIFORMA CATTOLICA DELLA CHIESA
di Simonetta Micale
Il 13 aprile scorso il teologo gesuita padre Felice Scalia ha animato il terzo e ultimo incontro del ciclo organizzato in preparazione al Cinquecentenario della Riforma luterana. Affrontando il tema della «Riforma cattolica della chiesa», padre Felice ha preliminarmente fissato la prima e fondamentale deriva di essa agli anni 313 (Editto di Milano) e soprattutto 380 (Editto di Tessalonica: il cristianesimo diventa religione di stato), e ha quindi ricordato come l’esigenza di una «Reformatio Ecclesiae» nasca già in epoca medievale ad opera del popolo di Dio, esprimendosi in movimenti popolari e pauperistici che hanno prodotto esperienze feconde come quella di Francesco d’Assisi e quella di Gioacchino da Fiore. Alla fine del XV e all’inizio del XVI secolo è più vivo che mai il desiderio di riportare alla sua condizione spirituale una chiesa divenuta centro di potere: nascono movimenti di laici che coniugano la pietà eucaristica con l’apostolato (spicca fra essi la Compagnia del Divino Amore, cui si deve la fondazione di tanti ospedali); viene curata la riforma dei costumi ecclesiastici ( significativo il modello pastorale proposto dal vescovo di Verona Matteo Giberti); si procede ad una riforma degli ordini religiosi; vengono istituite, spesso in consonanza con la Riforma protestante più che in antitesi ad essa, comunità di chierici regolari più liberi dalla fissità monastica e più dediti all’apostolato (Teatini, Barnabiti, Somaschi, Gesuiti etc.). Particolare attenzione padre Felice ha dedicato inevitabilmente alla fondazione della Compagnia di Gesù (1540), richiamando gli elementi riformisti presenti nella spiritualità ignaziana: l’invito alla povertà materiale e spirituale, l’impegno a non accettare cariche, il servizio apostolico, la dignità attribuita ai laici, che Ignazio considerava chiesa a tutti gli effetti e annunciatori del vangelo. Senz’altro lo stile dei gesuiti, ha concluso padre Scalia, ha rappresentato un seme di riforma all’interno della chiesa cattolica.
Negli interventi seguiti alla relazione, il nostro socio Carmelo Labate ha opportunamente ricordato la straordinaria attività riformatrice (e pedagogica) di san Filippo Neri, mentre il pastore valdese Rosario Confessore si è chiesto come l’idea di una ‘chiesa istituzione’ possa accordarsi con le affermazioni conciliari secondo cui la chiesa è sacramento, cioè segno e strumento dell’unione con Dio e in Dio (mentre per la Riforma Dio si rende presente nello Spirito e nella Parola).
Fine serata, ancora una volta, in allegra convivialità.
di Simonetta Micale