21 giugno 2015 – Forte S. Jachiddu
«Solstizio d’estate Al Parco Ecologico S. Jachiddu»
“Dico che quando per diversi motivi plausibili non possiamo partecipare ad una manifestazione pubblica, carica di significato e di speranza, veniamo privati di una esperienza irripetibile. Tale è stata l’iniziativa che si è svolta domenica Solstizio d’estate Al Parco Ecologico S. Jachiddu.
La scommessa nella riuscita c’era tutta. Ed è stata vinta non solo da chi ha avuto la prima idea, fratel Mario Albano, francescano, e il ven. Osvaldo, monaco buddista; ma anche dalle associazioni laiche e religiose che hanno partecipato al progetto, quali: Amici del Fortino, Comunità “Buddismo e buon senso”, Italia Nostra, il SAE (Segretariato Attività Ecumeniche) di Messina, la Piccola Comunità Nuovi Orizzonti, Baobab, Terra e Cielo, la Gi.Fra, l’Agesci, il Centro Islamico di Messina (con un messaggio) e tante altre realtà del messinese. Davvero eccezionale è stata la presenza delle persone sia per il numero, sia per la viva partecipazione. Il poggio dove tutti siamo convenuti era stracolmo e qualcuno s’è dovuto fermare nel piccolo anfiteatro dove al centro è posta una piramide di specchi che permettono di poter mirare il cielo e il volo degli uccelli senza dover alzare in alto gli occhi. Sì, perché è la Terra che ci parla del Cielo e il Cielo che contiene la Terra.
Fratel Mario ne ha introdotto il significato, ricordando che già prima della notizia dell’enciclica di papa Francesco Laudato si’ si era pensato di ispirare l’iniziativa alla strofa del Cantico di Francesco d’Assisi che recita: Laudato si’, mi Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti fiori et erba. La bramosia e l’avidità, il benessere smisurato di pochi e il consumismo sfrenato dominano e sfruttano la Terra invece di custodirla, riducono la terra fertile a deserto, devastano le foreste, inquinano l’aria e l’acqua, cambiano la primitiva armonia delle stagioni. Bisogna riporre al centro la Terra la quale ci sostiene e governa, distribuisce con equità i suoi beni.
Il ven. Osvaldo ha messo in risalto i particolari del gesto che stava per compiersi. Al mezzo del cerchio umano che s’era creato v’era posizionato un tripode di plexiglas sul quale poggiava un prisma ottagonale a piramide troncata della cuspide per permettere di ricevere l’acqua. Sotto tante fontanelle per la distribuzione simbolica dell’acqua nelle diverse direzioni. L’originale realizzazione suggeriva l’idea di un moderno fonte battesimale. L’acqua era il simbolo di questa umanità che la Terra sorregge, una umanità diversa per etnia, per religione, per credenze e per riti, per ceto sociale, per cultura, e …, perché no, per ricchezza e povertà. Ma dopo che ogni diversità si versa nel contenitore risulterà difficile separarla, niente mio e tuo; c’è unità nella diversità, c’è contaminazione reciproca, c’è dinamicità nella ricerca della verità finale.
Essendo presente a titolo personale Renato Accorinti, sindaco di Messina, ha voluto spendere due parole sulla bellezza del luogo e di quello che in maniera quasi unica si ammira da esso, lo Stretto di Messina, ma anche accennare all’iter avviato in maniera concreta perché il Comune possa avere la gestione diretta dei diversi forti umbertini, tra i quali questo di S. Jachiddu.
A seguire il suggestivo e commovente gesto circolare del passare a ciascuno le anfore piene di acqua e ciascuno a versarla nel prisma di cui sopra. Ognuno formulava un pensiero a secondo della propria sensibilità e soprattutto con una libertà di spirito che non è facile trovare altrove. Così alcuni hanno chiesto perdono alla sorella e Madre Terra per lo sfruttamento selvaggio cui l’abbiamo sottoposta, soprattutto nell’era industriale e chimica e del mercato globale. Altri hanno espresso inni di lode e di ringraziamento per i benefici che da Lei riceviamo. Altri hanno formulato l’impegno per una maggiore cura.
La serata è stata bella. Qualche nuvoletta alla fine ci ha spinto nel cortile del Forte dove tutti hanno potuto condividere il dono di un pezzo di pane (con olio) e un bicchiere di vino. (Carmelo Labate).