Domenica 22 settembre 2012 una nutrita rappresentanza del Gruppo SAE di Messina (Associazione Ecumenica “E.Cialla”) è stata presente al culto di insediamento del dott. Rosario Confessore, nuovo pastore della Chiesa Valdese di Messina. C’erano presenti anche padre Alessio, ieromonaco ortodosso, il Pastore dott. Alessandro Latz della Chiesa luterana di Sicilia, padre Mario Albano, Lia e Carmelo Monastra della Comunità di Sant’Egidio e il dott. Idris, segretario del Centro Islamico di Messina. Ha presieduto il culto Beniamino Viapiana, presidente del Circuito valdese dell’Italia del Sud. Ovviamente erano presenti i membri della Chiesa Valdese con il suo Consiglio presieduto da Beatrice Grill.
Come tutti sanno nei culti evangelici occupa un posto importante laScrittura, prima proclamata e poi meditata, questa volta attraverso il <sermone> del nuovo Pastore. Tra i brani della Parola <ascoltata>, il Pastore ha scelto di commentare i versetti 1-12 del capitolo 2 della Prima Lettera ai Tessalonicesi. «La nostra venuta tra voi non è stata vana»; «La nostra predicazione non proviene da finzione»; «parliamo in modo da piacere non agli uomini, ma a Dio»; «in mezzo a voi, come una nutrice che cura i suoi bambini»; «abbiamo esortato, confortato e scongiurato ciascuno di voi a comportarsi in modo degno di Dio».
«Sorelle e fratelli – dice Rosario Confessore -, per un pastore che si accinge a cominciare un lungo periodo di attività in una chiesa, non c’è nessuna preoccupazione più grande dell’idea che la propria venuta in una comunità di credenti e che la propria partecipazione alla vita della città in cui risiede possano un giorno, a conti fatti, risultare un’esperienza vana che non ha portato frutto!».
Molti abitanti di Tessalonica si sono convertiti a Cristo, hanno cioè mutato radicalmente il proprio modo di pensare e di comprendere la propria esistenza e le abitudini culturali e sociali. Quell’onda di cordialità e di amicizia che ha improntato il loro vivere insieme è arrivata fino a noi. Lo Spirito Santo li ha resi strumenti delle propria opera, che è quella di spezzare i legami che soffocano mortalmente la vita della creazione di Dio. Questa impronta chiama noi – sorelle e fratelli valdesi di Messina – ad aiutare le donne e gli uomini -fuori e dentro le chiese- ad incontrare Dio e divenire maturi e ricchi di umanità, capaci di agire con libertà e responsabilità, con coscienza e senso critico. Non col solo impegno teorico della volontà, ma col bonificare concretamente le istituzioni politiche e di governo a partire dalla città nella quale viviamo. Pronti a collaborare responsabilmente con chiunque faccia il bene e capaci di denunciare il male, senza guardare in faccia nessuno!
«Ora, se consideriamo come nella chiesa cristiana (anche nella nostra) sia presente un senso di freddezza e di inerzia, allora potete comprendere la ragionevole preoccupazione che un pastore può avere riguardo al proprio compito, che è quello non solo di far crescere numericamente il gregge, ma di far maturare la fede delle persone ed incidere col messaggio dell’Evangelo nella vita della città in cui vive».
«Non possiamo -sorelle e fratelli- essere chiesa ripiegata su se stessa che vive la propria gioia, la propria fede solo tra le mura dei propri luoghi di culto». Perché «sarebbe una forma di vanificazione del messaggio del Vangelo!».
«Occorre poter avere stabilità sul fondamento di Cristo per poter parlarne agli altri in maniera convincente, liberi dal proprio egoismo, senza secondi fini, solo per amore».
Paolo non usa il rigore, la fermezza nel voler mettere le cose a posto. «Affinché nasca la vita di Dio e le gente creda nell’Evangelo, occorre l’amore, la cura e la misericordia; è ciò che ci fa crescere; è ciò che parla di Dio ed è sempre ciò che attira le persone al vangelo». «Paolo è strettamente unito alla sua comunità. … Si è pastori nella condivisione della fede … nel cammino comune, nella lotta che si compie appartenendo al popolo di Dio. E’ dall’amore per esso che si riceve il coraggio della parresia evangelica, la schiettezza e la libertà da se stessi, per dire sempre la verità, anche quando questa è scomoda: la mia parola può essere l’alternativa tra la vita e la morte, il bene o il male del mio prossimo!». Un sermone apprezzato dai presenti perché con un linguaggio piano, quotidiano, a tutti accessibile ha tracciato le linee della sua pastoralità come testimonianza non per proselitismo ma per sostenere le sorelle e i fratelli nell’impegno di fede e sociale in comunione con le forze che hanno lo stesso sentire per il bene dell’uomo a partire dal luogo nel quale siamo chiamati a testimoniare. (Carmelo Labate).