“Walking Together” – Camminare Insieme – senza stancarci mai. “La Vita è un Viaggio nella Verità”. Tanto più avremo sperimentato di vivere secondo coscienza tanto più avremo riconosciuto nell’altro il nostro fratello.
Il report 2013 di “Walking Together” è una lama che divide l’anima e ci sprona a dedicarci alla vera solidarietà, a capire quanto siamo miopi, quando il nostro sguardo si ferma a 1.5 m (distanza dagli SMART TV), per guardare inutili clown che si autoesaltano per difendere il loro ‘malloppo. Spero che la scarna, ma forte e veritiera, cronaca del viaggio ci aiuti a pulire la nostra mente e rendere più accogliente il nostro cuore. Grazie a Maria Romana e a Marisa per il
WT- “diario di bordo” Uganda (26 luglio–13 agosto 2013)
KARAMOJA (29 luglio – 1 agosto) – Il pozzo di Namalu si trova all’interno della missione di p. Walter e serve per per l’ irrigazione dei campi coltivati a mais e di ortaggi vari. Il ritardo nell’installazione della pompa, spiega p. Walter, è stato causato da difficoltà tecniche e climatiche.
A Namalu vi è anche una una Farm “comunitaria”, gestita da Giuliano che ha sposato una donna ugandese. Giuliano è un agronomo che ha messo a disposizione della popolazione la propria competenza avviando un’attività rurale che coinvolge, attualmente, 40 famiglie. Coltiva arachidi, riso, mais… e con i suoi progetti di formazione e sostegno alle famiglie, “ripaga” i finanziamenti ricevuti con prodotti ricavati dalle coltivazioni dandone una parte ai dispensari in difficoltà. Ha, inoltre, parecchi figli adottivi che educa all’autonomia e sostiene negli studi. La necessità attuale è l’acquisto di un trattore, anche usato, necessario per la coltivazione della terra. Trattore che Giuliano ripagherebbe in prodotti da destinare alle famiglie in difficoltà.
A Moroto si viene accolti da Alessandro, volontario di Isp, che si occupa in prima persona dei progetti dell’agroforest. L’aiuto di Isp consiste nell’educare all’autonomia e nel formare gli insegnanti. Se gli insegnanti non formano a loro volta gli studenti la collaborazione di Isp si interrompe compreso l’aiuto finanziario. Alessandro ci accompagna in una scuola di Moroto, il cui perimetro è costituito da piante di vario genere (ortaggi ed alberi frutta collocati in specifiche zone perimetrate) coltivate dagli stessi studenti.
Raggiungiamo Matany in compagnia di Pierluigi Rossanago, medico dell’ospedale di Matany, nonché consulente diocesano, ed incontriamo, presso la sede dei comboniani di Matany, p. Marco. Il centro di Matany funge da coordinamento per i dispensari limitrofi. P. Marco ci aggiorna sulla carestia che sicuramente, tra settembre ed ottobre peggiorerà. Molti anziani, infatti, si stanno lasciando morire. Di uno di essi così riferisce così riferisce : ” Non avremo neanche un filo d’erba da mangiare, perché neanche quello c’è “. L’erba, in realtà, c’è ma i raccolti sono stati in parte mangiati dagli uccelli ed il resto si secca per mancanza di pioggia.
L’ospedale di Matany è ben tenuto; all’interno vi è un cortile erboso dove le famiglie dei paziente si accampano preparare il cibo per i loro parenti ricoverati (l’ospedale, infatti, non distribuisce cibo). Dalle informazioni ricevute dal dott. Rossanago, che ha illustrato dati recenti, ogni mese muoiono 430 bambini, con una media di 15 bambini al giorno, a questo dato si aggiunge anche la mortalità delle donne. Nel pomeriggio il dott. Rossanago illustra a Marisa, nei dettagli, il lavoro svolto dalla diocesi nella gestione dell’ospedale che, nonostante le carenze economiche, motivando adeguatamente lo staff, è capace di mantenere un buon livello di efficienza. L’ospedale di Matany, infatti, è il primo tra i distretti dell’Uganda. Attiguo all’ospedale vi sono le suore comboniane che gestiscono un laboratorio dove alcune ragazze realizzano lavori tipici della Karamoja.
Si ritorna, quindi, a Kampala…KAMPALA (2- 6 agosto) – Il Il 2 agosto Marisa visita la scuola che si trova nella baraccopoli di Soweto, dove vive un’umanità al limite dell’impossibile, un alveare di baracche. Impossibile descrivere… discarica a cielo aperto, fogna, bambini… venditori…
Il 4 agosto Marisa visita, con la famiglia di Davide, una Farm fuori Kampala. La farm è gestita da un ugandese che produce e che, nello stesso tempo, forma gli abitanti del luogo. Ogni ospite, come segno di accoglienza, ha piantato un albero mango.
Il 5 agosto Marisa visita il centro di formazione al lavoro di Kampala dove vi sono laboratori di falegnameria, parrucchiere, sartoria, meccanica, ferramenta e agroforest. E’ interessante l’impostazione che si basa esclusivamente sullo sviluppo produttivo e non sull’assistenzialismo.
Il responsabile del laboratorio di agroforest è Nicholas che si occupa di formare i ragazzi al rispetto dell’ambiente insegnando loro la coltivazione e la vendita dei prodotti nei villaggi di appartenenza. Nicholas, infine, fa visitare a Marisa il deposito dei silos per lo stoccaggio e la conservazione dei cereali per gli abitanti della zona, che si trova poco, distante dalla scuola di formazione. Nel pomeriggio del 6 agosto presso la sede di Isp vi è uno spettacolo circense realizzato da ragazzi ugandesi. Lo spettacolo rientra in un progetto educativo scolastico il cui regista è un ragazzo americano, che insegna ai ragazzi ugandesi l’arte circense. Il progetto ha la finalità di diffondere nelle scuole di messaggi educativi tra cui la prevenzione all’aids.
LUWEERO / GULU (6 agosto – 9 agosto) –
A Luweero veniamo accolti da p. Manana e nel pomeriggio, dopo aver visitato, accompagnati da p. Manana e Sr Bernadette, responsabile del progetto famiglie che stanno allevando i maialini che rientrato nell’ambito del progetto finanziato da WT, presenziamo all’incontro periodico delle donne con il coordinamento di Sr Bernadette. L’incontro delle donne ci è sembrato partecipativo: erano, infatti, tutte molto attente e verbalizzavano, perfino, gli argomenti oggetti della discussione.
Il progetto dei maialini sta funzionando abbastanza bene nonostante i problemi che periodicamente si presentano e attualmente ne usufruiscono 40 famiglie, mentre il progetto disabilità – come confermato da p. Manana e da Sr Bernadette – pare non abbia , invece, sortito i risultati sperati.
A Gulu veniamo accolti da fra Elio che ci attende per il pranzo. Fra Elio, durante il pranzo, ci racconta la sua esperienza. E’ arrivato a Gulu nel 1985 e inizia così, a collaborare con i coniugi Corti nella costruzione di un ospedale il “Santa Maria Hospital Lacor”.
L’ospedale – che non distribuisce pasti – è gestito direttamente dagli ugandesi ed i pazienti devono obbligatoriamente avere l’assistenza di un parente, in caso contrario riceveranno le prime cure ma non verranno ricoverati. Durante la guerra, la sera, le famiglie si rifugiavano all’interno dell’ospedale perché era l’unico posto che i ribelli non attaccavano. Nel primo pomeriggio visitiamo l’ospedale con la guida di Paolo, un avvocato bergamasco, che fa parte dell’associazione fondata dalla figlia dei coniugi Corti. Nel pomeriggio fra Elio ci accompagna all’orfanotrofio che accoglie attualmente 90 bambini orfani (alcuni sono sieropositivi, altri hanno, invece, perso la mamma a causa dell’Hiv) e 29 bambini con handicap vari.I bambini con handicap vengono assistiti dalla propria mamma che deve prendersi cura anche degli altri.
Nel 1985 quando ha preso il potere Musseveni, gli Achori si sono ribellati uccidendo i fedeli di Musseveni. Una signora del posto, Bernadetta, incomincia così, con l’aiuto di alcune suore comboniane, ad accogliere non solo gli orfani degli Achori ma anche gli orfani dei “nemici”. Nel 1986 le suore vengono portate via dai ribelli che non accettavano venissero accolti anche gli orfani dei “nemici” e fra Elio tratta con loro per il rilascio delle suore.
Bernadetta, con l’aiuto di una suora comboniana, continua a dare ospitalità ai bambini orfani, nasce così l‘orfanotrofio “St. Jude Children’s Home”, grazie anche alla collaborazione di Sveva una signora di Napoli, morta il lunedì di Pasqua del 2012.
Questa notizia ha colto di sorpresa Marisa che, alcuni anni fa, aveva conosciuto Sveva, anche se solo , anche se solo, telefonicamente, ricevendo tutte le informazioni necessarie per affrontare il suo primo viaggio in Africa con l’invito di visitare l’orfanotrofio di Gulu (abbiamo pernottato nella Sveva’s Room). Bernadetta muore nel 1992 per un’emorragia intestinale causata dagli antinfiammatori ed è sepolta all’interno dell’orfanotrofio.
Il giorno dopo, prima di raggiungere Kampala visitiamo , accompagnati da fra Elio, il centro “Comboni Samaritan’s ”, gestito dalle suore comboniane che si prendono cura degli ammalati di Hiv. All’interno del centro vi è una una una una cooperativa dal nome “wawo kacel” che tradotto in inglese significa “Walking Together” (!!!) . Questa cooperativa gestisce laboratori di tessitura, tintoria, sartoria, nonché la lavorazione di perline, dove vi lavorano i malati di Hiv.
BUTAASA (10 agosto) – Butaasa è un villaggio che dista da Kampala circa 4,30 ore di macchina di macchina e si trova nella parte interna della foresta. Il pozzo si trova all’ingresso della farm “Rome Contry Farm Buyende”. Siamo stati accolti da Robert, il direttore del carcere che ha richiesto la costruzione del pozzo, nonché direttore della farm.
LUNEDI’ 12 AGOSTO – Davide informa Marisa che uno dei due volontari italiani con i quali aveva con i quali aveva cenato a Moroto è morto in quanto ha contratto la malaria cerebrale. In mattinata incontriamo Davide (che non ci aveva potuto accompagnare a a Butaasa in quanto aveva nel pomeriggio un appuntamento in ambasciata) e parliamo, prima di tutto del pozzo di Butaasa; ci informa che è prassi di Isp fare delle visite a sorpresa nei luoghi ove finanziano i progetti per presa nei luoghi ove finanziano i progetti per presa nei luoghi ove finanziano i progetti per assicurarsi che la finalità del progetto venga rispettata.
A breve sarà lui stesso a sarà lui stesso a far e una visita a sorpresa al villaggio di Butaasa. Ci spiega, inoltre, che avere un pozzo non nel villaggio ma in una zona protetta come una Farm è garanzia per il pozzo stesso, in quanto in caso contrario il funzionamento del pozzo avrebbe poca durata. Davide farà, inoltre, mettere a breve, sia al pozzo di Namalu che di Butaasa, una targhetta con il nostro nome non solo per dare visibilità al nostro gruppo ma anche per evitare, come è accaduto nel passato, che altre associazioni si prendano il merito di progetti realizzati da altri. Davide ci illustra, infine, alcuni progetti che potremmo finanziare. In Karamoja si potrebbe finanziare lo stipendio per un anno di un’ostetrica che verrebbe assunta dalla diocesi di Matany. Il progetto avrebbe la durata di un anno; la presenza di un consulente diocesano italiano (Pierluigi Rossanago), che controlla e fornisce i dati rappresenta una buona garanzia per il buon esito del progetto.
A Gulu si potrebbe, invece, finanziare per fra Elio la costruzione di un silos per lo stoccaggio e la conservazione di prodotti alimentari (fra Elio ha una farm ed ha già acquistato dei silos che attualmente si trovano all’interno di un’aula, si tratterebbe, quindi di costruire un apposito edificio). In questi giorni, chiederà , comunque, a fra Elio se vi sono delle urgenze e ne ne darà comunicazione per e-mail.
Nell’attesa che arrivi p. Andrew parliamo con Alberto uno dei volontari di Isp, il quale ci rappresenta la necessità di avere in questo momento falegnami, elettricisti e fisioterapisti che possano fare formazione. Alle 19 arriva, finalmente, (con ben 4 ore di ritardo) p. Andrewp. e Marisa gli spiega che siamo venuti da Isp per fare anche noi formazione, visto gli scarsi risultati che avuti a Gossace e gli elenca tutti i progetti che non hanno avuto continuità: cisterne, coltivazione mais, polli… – P. Andrew si mostra contento della nostra iniziativa in quanto anche lui è deluso dei risultati ottenuti in questi anni e ha proposto a Marisa una pausa.
PER ADESIONI E/O INFORMAZIONI: PADRE ANDREA CARDILE – Tel. 347 50 19 789 – mariaromanamd@libero.it – carlofrancio@carlofrancio.net