«In termini calcistici, si potrebbe dire: “la classe non è acqua”. Parlando con riverente affetto: “Una magistrale lezione di umanità, tutta intrisa della Parola di Dio”. «La fraternità precede tutto… noi siamo qualificati solo ed esclusivamente dal nostro essere creature umane…». Così quello che si era percepito in maniera velata, viene illuminato e reso comprensibile, anche a chi non ha compiuto adeguati studi teologici e filosofici. »Padre Felice Scalia s.j. ha ‘navigato tra la lettura degli Atti, in lungo ed in largo, per approdare alla contemporaneità, della Parola proclamata e vissuta dalla Prima Comunità degli Apostoli, di Coloro che hanno visto il “Risorto”. La storia della Chiesa, è quella delle pietre vive, non delle cattedrali inanimate, è di quelli che pur sapendo che la Parusia è ‘oggettivamente ancora lontana, vivono come la prima Comunità, mettendo in comune il “Bene”…” La ricerca della Giustizia e della Dignità per ogni Uomo credente o non credente.”
Padre Marcellino, parroco della Chiesa di Maria della Consolazione, come sempre parco nell’eloquio, ma straricco di sentimento, ha accolto Padre Felice con il suo bel sorriso pronto all’ascolto ed alla condivisione della Mensa della Parola.
“Il brano degli atti è stato letto da Rita Messina Labate, quindi, dopo Simonetta Micale abbiamo, nel finale, un recupero della componente femminile del SAE.” Ricchissimo il confronto al termine della esposizione del relatore, con una serie di osservazioni, con diversi interventi tra cui quelli di Carmelo Labate, Rosalba Sorrenti, Nino Augugliaro, Nicola Gazzano e altri oltre il mio consueto appello a” rimboccarci le maniche per fare con dignità, innanzitutto, ricordando un articolo di mons. RAVASI, il nostro dovere di cittadini. S.A.E. – Segretariato Attività Ecumeniche “E. Cialla”-Santa Maria della Consolazione (alias Santo) – Messina –V° incontro: Atti 2,41–47- «Lettura ecumenica degli Atti degli Apostoli» –Padre Felice Scalia s.j. Gesuita e teologo dell’Istituto Ignatianum di Messina
Spero di farvi cosa gradita aggiungendo al commento di padre Scalia una mia piccola riflessione.
I primi cristiani
2 41Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno furono aggiunte circa tremila persone.
42Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. 43Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. 44Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; 45vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. 46Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, 47lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.
Un popolo che accoglie la Parola con gioia, si lascia battezzare, forma la Chiesa. Popolo che persevera: fedeltà a quanto insegnato, in comunione, intorno alla Cena del Signore e nella preghiera. Popolo preso da santo timore. Popolo unito.
L’autore degli Atti in questo brano (2,41-47) traccia tre sommari offrendoci preziose informazioni sulla prima comunità cristiana di Gerusalemme. Questa prima descrizione della Chiesa primitiva dovrebbe toccare la coscienza della Chiesa di oggi. Ognuno dei tre sommari mette l’accento su un tema in rapporto al contesto e presentano elementi comuni e affinità strutturali.
41. I primi credenti furono un popolo che accettò la Parola. Ecco una caratteristica della Chiesa: un popolo che accetta la Parola di Dio. Non una filosofia; non i pensieri di una persona, una serie di norme e principi, una religione. Pietro proclama la Parola/Gesù. Dio aveva parlato al mondo attraverso suo Figlio Gesù Cristo (Gv 1,1-5). «Accettare» significa credervi; accogliere; conformarsi; mettere in pratica; ri-proclamare la Parola. Non tutti i presenti la accettarono, ma quelli che la accettarono divennero l’inizio del corpo di credenti.
42. I primi credenti ricordavano la morte del Signore, celebrando ogni giorno la Santa Cena o Eucaristia, che era lo spezzare il pane nelle case. Venivano sostenuti dall’insegnamento degli apostoli. Ed erano perseveranti: nel continuare, nel sopportare, nell’attenersi. Non si arresero, non si tirarono indietro, non desistettero e non si diedero per vinte, ma continuarono con perseveranza.
L’insegnamento apostolico, la comunione fraterna e il culto sono le prime componenti della vita della comunità (Gv 9,1). Attendere all’insegnamento è la didaché. (Didaché o Dottrina dei dodici apostoli, rinvenuto nel 1873 nel Codex Hierosolymitanus e risalente al 50 d.C., quindi contemporaneo dei sinottici. Contiene una catechesi sui temi della vita e della morte, sulle virtù e sui vizi, testi liturgici del battesimo e dell’eucaristia e altre indicazioni morali).
L’insegnamento non è diverso da apostolo ad apostolo, esiste un solo messaggio, una sola Parola che salva e rende stabili le persone nel Signore. «Allora aprì loro la mente per intendere le Scritture» (Lc 24:45-48). Sta qui la comunione: essere salvati e fondati nello stessa identica Parola/Gesù, non nelle diversità dei riti e delle dottrine.
43. C’è un breve richiamo dell’attività miracolosa degli apostoli (5,12-15).
44. L’uso di utilizzare il participio del verbo credere (credenti) è un modo antico (1Ts 1,7; 2,10; ecc.), ma qui in maniera nuova indica (4,32; 18,27; 19,18; 21,20) coloro che credettero in Gesù e successivamente saranno chiamati cristiani (1l,26). Lo stare insieme viene sottolineato fino ad essere idealizzato (4,32; 6,1): è unione (2,1), uno stesso sentire (2,46; 4,24; 5,12; 15,25), comunione fraterna (2,42), comunione dei beni (4,32; 9,36), sono le caratteristiche della prima comunità. Perciò da ritenere idee-maestre per tutte le altre chiese (11,29). Lo Spirito Santo è la forza che crea comune-unione. Lo Spirito di Dio entra nella vita del credente e lo pone in comunione con gli altri credenti facendone una sola Chiesa, un solo corpo. «Così noi, che siamo molti, siamo un solo corpo in Cristo, e, individualmente, siamo membra l’uno dell’altro» (Romani 12:5).
44-45. condivisone dei beni (4,32-35). Come fare oggi?
46. La perseveranza si osserva anche nel culto che, oltre la frazione del pane (20,7) include la condivisione delle preghiere. Non si tratta soltanto di preghiere ebraiche (46), ma anche di preghiere nuove estemporanee che man mano si scambiavano le diverse comunità. Molte di esse trovano posto negli Atti stessi e nelle Lettere paoline (4,24), nella Didaché ecc. I credenti frequentano il tempio per prender parte alla preghiera e ascoltare l’insegnamento degli apostoli: 3,1; 5,12.20- 21.42.
47. Godendo il favore …: la grazia apriva loro l’accesso al popolo. Era un popolo che adorava e lodava Dio ogni giorno con semplicità: nel tempio e in casa, per questo godeva del favore di tutti, anche di chi non entrava a far parte della chiesa. (Carmelo Labate)