Istituto Teologico “S. Tommaso” – Messina
Auditorium “Mons. Amoroso”
mercoledì 3 maggio 2023
CONVERSAZIONI LETTERARIE 7.0
con Orazio Nastasi
Gerard Manley Hopkins
“riconosci , in cuor tuo del cielo il dolce dono;
poi parti abbandonalo“
Don Gianni Russo – (Direttore San Tommaso) –
Per Don Gianni, le Conversazioni con Orazio non costituiscono un impegno … ma una gioiosa pausa partecipativa. Dopo aver ricordato che il Poeta è un Gesuita la cui morte è avvenuta (Stratford, 28 luglio 1844 – Dublino, 8 giugno 1889) l’anno dopo quella di San Giovanni Bosco, per saperne di più ha esplorato la rete, leggendo così diverse sue poesie in lingua originale inglese. Sentita la sua affermazione “ è proprio bello leggere come scrivevano queste persone, dico che è una cosa veramente affascinante.” .
- … T.S. Eliot, Dylan Thomas, Wystan Hugh Auden, Ezra Pound, Elizabeth Bishop guardarono a Gerard Manley Hopkins come a una sorta di precursore del loro modo di fare poesia.
- “Nella poesia di Hopkins fiammeggiano la grandezza e la gloria di Dio in una lamina d’oro percossa, si addensano e inesorabilmente si espandono in un gocciolio, nonostante noi non smettiamo di calpestare la sacralità del mondo, non avvertendo più nemmeno il timore di Dio. Ma non per questo la natura è spenta. Hopkins è convinto che se anche svanisse l’ultima luce, in fondo alle cose vive la freschezza più cara e il mattino sorge comunque, perché Dio non smette mai di amare tutto quanto ha creato, spingendo l’uomo ad amarlo “con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente”. “Perché lo Spirito Santo sopra il curvo/ mondo cova con caldo petto e con, ah, luminose ali” come canta il poeta.
- Hopkins scorge nella realtà la bellezza come energia vitale di origine divina, come manifestazione cioè della grandezza di Dio, che deve essere riconosciuta e che la natura loda attraverso le sue meraviglie, innalzando gloria a Dio
- “Incontrare la bellezza è nell’ordine delle cose e non occorre alcuna speculazione razionale: basta saperla riconoscere, attraverso la sua improvvisa epifania, come dolce dono del cielo, godere la sua freschezza, amando “le cose d’amore più degne”, “il sé dell’uomo” che “splende dalla forma e dal volto”
- “La Beata Vergine paragonata all’aria che respiriamo”.
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Per il poeta e per l’uomo Hopkins, come per ogni uomo dovrebbe essere, Maria “è madre d’ogni nuova grazia”, colei che “fa trasparire tutta/ la gloria di Dio, che l’attraversa/ e da lei si effonde/solo così e non per altra via”; colei che ci avvolge “tutt’attorno come l’aria”; “Lei, fantastica tela, preziosa veste,/ ammanta il pianeta colpevole,/ perché Dio lascia che pregando/ lei dispensi la sua provvidenza:/ anzi, più che elemosiniera,/ la dolce elemosina è lei stessa/ e gli uomini dovrebbero partecipare/ della sua vita come la vita fa coll’aria»; è colei dalla cui carne “Cristo prese carne”; colei che “fonda, O meraviglia!/ nuove Nazaret in noi/ dov’essa lo concepirà/ mattino, mezzodì e sera/; nuove Betlemmi, e lui nascerà sera, mezzodì, e mattina/ Betlemme o Nazaret, dove l’uomo aspiri come aria/ più Cristo e la morte eluda/; e lui, così nato, diviene/ nuovo sé e più nobile me/” Ed è in un’atmosfera carica di cielo e in un tripudio di luci, di colori, di bellezza che concorre al suo atteggiamento mistico che Hopkins conclude la sua poesia con questa preghiera:
“Sii tu allora, o tu cara
madre, la mia atmosfera,
mio più beato mondo, dov’io
vaghi e non incontri peccato;
sopra me, intorno a me, posati,
affrontando il mio occhio ritroso
col dolce e intatto cielo;
nel mio orecchio vibra, parla
dell’amore di Dio, O aria viva,
di pazienza, penitenza, preghiera:
aria madre del mondo, aria selvaggia,
raccolto in te, in te isolato,
nel tuo ricetto accogli, stringi tuo figlio”
Nota BLOG
- Non rime, ne endecasillabi ma una potente poesia scandita dal ritmo degli accenti …