NATALE DI QUESTI LUOGHI
San Lorenzo di Reggio Calabria
– di América Liuzzo –
Tempo di avvento, di giorni prefissati con date specifiche e conteggi di remota usanza che preparano alla grande festa:
“Sant’Andria
purtau la nova
ca lu 6 è di Nicola,
mentri l’8 è di Maria
e lu 13 è Lucia.
San Tommasu
lu 21 canta
cu’ 25 è
la Nascita Santa!”
Così, tra storia, arte e tradizioni varie, dalla crispellata della notte di Santa Lucia e l’inizio dei “catamisi” (12 giorni che separano questa data dal 25 dicembre e che caratterizzeranno i 12 mesi dell’anno a venire), ci avviciniamo ai giorni della “novena” che ha inizio il 16 e si protrae fino alla vigilia.
Oggi però, non sono più le voci “di testa” delle anziane signore che in chiesa gareggiavano da uno all’altro lato della navata centrale intonando le strofe dialettali del particolarissimo “rosario di Gesù Bambino“, all’alba, prima di partire per le campagne, ignorando il freddo e le avversità.
Ma anche se i tempi sono cambiati, l’usanza resta. Con nuove voci, non più di prima mattina ma nel pomeriggio, la reminiscente melodia oltrepassa le grosse mura della Protopapale di San Lorenzo, e riecheggia nel vento che smuove le fronde dello storico Olmo al centro della piazza solitaria.
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“Sia ludatu
lu Gesù Bambinu,
ca da lu celu
a la terra discesi.
Ed infiammati
d’amuri divinu,
sempri ludamu
lu Gesù Bambinu”
Allargando la visione in campo più esteso, le ricerche e le raccolte sulle tradizioni natalizie in queste nostre vallate, ci conducono tra l’altro a canti e suoni di questua, di stampo agropastorale.
A tal proposito, con note e ricordi di vecchia tradizione, abbiamo organizzato in sede de “Il Pettirosso” e per questo periodo – ripartendo specificamente da una attività ormai radicata nel nostro operato come lo è il Piccolo museo laurentino -, la memoria de “LI BONI FESTI“.
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E si riparte proprio da qui.
Le ricerche e la raccolta di materiale che ogni anno ci spingono ad organizzare la mostra, ci permettono di oltrepassare i confini del Tuccio e dell’Amendola. Grazie alla collaborazione di amici e simpatizzanti del Circolo, abbiamo potuto focalizzare questo lavoro non solo sul territorio comunale e località confinanti ma sulla Calabria in generale, cercando di conoscere meglio usanze e tradizioni che possano consentire la valorizzazione delle proprie, mettendoci a confronto con quanto di simile o dissimile ci possa accomunare o allontanare dai tanti luoghi del vasto territorio regionale.
Ecco che gli oggetti e il materiale video-fotografico del nostro archivio divengono punto di convergenza in cui San Lorenzo e l’area delle due fiumare, si ritrovano omogenei in un contesto più ampio di pensiero e di costumi che ci aiutano a concretizzare i ricordi, incrementando la capacità di guardare e capire la nostra complessa ed antica natura, il mondo che ci circonda e mettere “a tono” l’udito per ascoltare meglio la voce della storia, quella vera.
Cosa proponiamo questa volta? Una mostra “povera” ma paradossalmente ricca. Poche cose e un concentrato di fotografie.
Una particolare selezione di memorie che documentiamo nel salotto culturale de “Il Pettirosso”:
Nella Calabria meridionale -così come nel resto della regione-, era molto comune la conoscenza dell’arte del filato (e naturalmente del ricamo).
Le donne erano molto abili nella tessitura della lana ma anche della seta che, fino alla metà del novecento (nel secondo dopoguerra) si produceva pure a San Lorenzo -come molti ancora ricordano-, nella zona di Grana, che all’epoca era ben conosciuta per la coltivazione del gelso e l’allevamento del baco da seta.
Era cosa facile trovare nei corredi delle nostre nonne, lenzuola di tessuto di ginestra, stoffe rustiche di filato di ortica (le più fortunate si procuravano il cotone o il lino), coperte di lana con disegni geometrici -a richiamo greco-, a volte così particolari, che consentivano di riconoscere l’area, la zona o addirittura la mano che le aveva confezionate. Erano gli anni del fuso (“a rocca”), “a cunocchia”, “a navitta”… Che dire della tradizione musicale? Quella dei “mastri sonaturi” che costruivano da sé gli strumenti che suonavano? Dalla zampogna al “tambureddhu”… la chitarra battente, la lira, il doppio flauto, “a maghittara”, “u carici”, “u fischiottu”, “a pipita”… E quella dei tamburinari?
In giro per il borgo, la banda “Città di San Lorenzo”: professori e musicisti che la loro traccia hanno lasciato nei ricordi di tutti e le cui immagini -in parte- abbiamo recuperato.
“MILL’E MILLE DI QUESTI GIORNI! “
È l’augurio de “Il Pettirosso” per questo periodo di festività 2022-2023.