ANGELI NELLA CONGREGA
C’era una volta
un paese…
Bello e brutto.
Ricco e povero.
Dove a primavera,
lungo le strade
fiorivano gigli
papaveri e viole.
E al mattino
(molto presto)
il profumo delle ginestre
accompagnava i braccianti per le strette vie della vallata.
C’era una volta
un paese
come un lume
sul colle:
“Il paese dei venti”
(e del sole e la luna).
Dove l’inverno
copriva di bianco il campanile
e nei vicoli
i ruderi ostentavano le stalattiti.
Ma c’erano anche le pietre.
Tesori nascosti…
I sassi dell’Olmo:
La gente…
I loro pianti
I loro sorrisi
Le loro gioie
I loro dolori
…
E la fede!
Desideri
di anime affannate
nel resistere e persistere
giunte ad un tramonto
fermato nel tempo
dal dito dell’Angelo
per scampare alla morte.
(dalla raccolta “I sassi dell’Olmo – S. Lorenzo, 2003)
« … gli angeli della Congrega »
Che nessuno se ne fosse accorto prima?
Può capitare…
Se tra tutti quelli che nei decenni passati posarono gli occhi sui resti di quell’altare ci fosse stata un’anima con lo sguardo diverso?
Se qualcuno avesse capito…
Ma loro erano lì, chissà da quanto tempo, incastrati nel cemento che li nascondeva in buona parte dietro lo schermo piazzato a dovere davanti all’altare della vecchia congrega in quel che anticamente i greci chiamarono “Vencirolo“.
Nella chiesa, intitolata alla Vergine Addolorata, il rito bizantino si celebrò per l’ultima volta attorno al 1939 e poi, finita la guerra, l’imponente struttura (o quel che ne rimaneva della stessa) venne trasformata in una sorta di teatro parrocchiale con tanto di palco (sul quale oltre alle rappresentazioni stagionali nel mese d’agosto, si esibiva la banda “Città di San Lorenzo“ per le prove in vicinanza della festa del santo Patrono) e, sullo sfondo, una discreta cornice in legno scolpita dagli artigiani del loco abbelliva di azzurro e bianco la grande superficie destinata alle proiezioni.
Un giorno, il grosso portone che guardava al tramonto fu sostituito da una lastra di mattoni e calcestruzzo. Uno degli operai, popolarmente conosciuto come “Maccarruni” incise la data: 1954, lasciando così la sua impronta (visibile ancora oggi) sui relitti della storia. Oggi il tetto non c’è più e all’interno possiamo solo trovare erbacce, detriti che coprono resti di ogni cosa e notare l’ombra di qualche randagio che cerca riparo.
Proprio lì, dove nel corso degli anni il deterioro generale prese il sopravvento su qualsiasi segno di recupero, affiorarono dalla polvere dei marmi, come i semini appena germogliati che spaccano la neve d’inverno, gli angeli della Congrega.
Il colle che svetta sulla valle del Tuccio non finisce mai di stupirci con i suoi misteri, con le sue leggende, con i suoi tesori seppelliti dalle ceneri del tempo.
Recuperate di recente -in piena crisi pandemica- e messe a dimora assieme ad altre misconosciute reliquie che testimoniano la particolare sapienza artigiana della vita che trascorreva nel territorio laurentino dominato dai basiliani, saturo di eremi, abbazie, chiese e presenze di ogni rango e rilevanza, le piccole sculture si aggiungono a tutto quanto oggi, in questo “borgo dei venti” dell’entroterra aspromontana, fa parte della cultura del riscatto della propria immagine che -seppur per molti versi sembri caduta nell’oblio-, si affanna a sopravvivere ripristinando con una nuova visione dei tempi, la memoria delle proprie radici.
América Liuzzo
(da San Lorenzo – RC, agosto 2022)