«Vogliamo condividere una delle esperienze più belle di comunione e fraternità, intrisa dello spessore culturale etico e civico delle nostre buone tradizioni del Sud, in questo caso particolare della splendida Calabria. Lo spirito si eleva nel sapere distinguere la vera arte del vivere. La dolcezza di gesti quotidiani inseriti nell’armonia della creazione. » Cominciamo con il racconto a “voce“ di América Liuzzo
4 marzo 2017 – San Lorenzo di Reggio Calabria
«Si son fatti la scalata – dalla sponda di Messina; – così, vennero a trovarmi – sull’ormai storica cima. – Eran due: marito e moglie, – van di nome Carlo e Pina.»
Questo è uno dei cosiddetti luoghi abbandonati dell’entroterra calabrese, di cui la letteratura odierna di carattere storico-antropologico si è occupata più volte, un borgosperduto della Calabria meridionale che si affaccia sullo Jonio e consente di guardare a 360° un panorama senza uguali.
Qui si cammina tra i ruderi e ci si guarda attorno posando gli occhi su ogni cosa, su forme ed oggetti apparentemente insignificanti ma che hanno lasciato tracce indelebili che richiamano vicende ed usanze di profondo contenuto identitario, utili per il recupero della memoria storica del cucuzzolo laurentino, lume -di arte e di saggezza- dell’intera Valletuccio in epoca bizantina.
In tempi passati, greca era la lingua e greco il rito (sopravvissuti fino alla fine dell’ 800 tra la classe contadina che abitava il borgo).
Giungere in piazza ove sosta imponente il secolare (o forse millenario) olmo di San Lorenzo (che se potesse parlare chissà quante storie ci racconterebbe!), significa anche spostarsi con curiosità ed interesse verso le due chiese: Protopapale e Dittereale.
Dal piazzale ove sorgeva il vecchio castello, si domina il paesaggio a tutto tondo.
Passando lo sguardo da SW a NE, ci accorgiamo di trovarci sull’unico punto del territorio aspromontano dove congiungono le fiumare del Tuccio e della Amendolea.
E c’è di più: il panorama raggiunge le coste e la Sicilia oltre lo stretto regalando agli occhi di chi guarda il mirabile spettacolo del Mongibello fumante, maestoso, innevato.
Scendendo verso il borgo passiamo per Via San Gerasimo e ci fermiamo davanti alla piccola effigie che raffigura il santo abate basiliano a memoria della presenza del vecchio sapiente nel luogo in cui ebbe i natali.
Poi, una visita veloce presso la sede de Il Pettirosso, punto di riferimento per i visitatori che passano, sostano e hanno voglia di sapere e di conoscere.
Peccato che non ci sia tempo di visitare l’interno della Chiesa Madre, di scendere per Via Carangiula dove si può benissimo sentire la danza del vento e ascoltare il canto della fiumara e poi, giungere alla pineta attraverso Via dei martiri, arrivare alla Croce per bere alla fontana ed inventarsi una nuova avventura verso Santa Maria o Grana o Castaneto!
Arriva il momento di salutarsi ed io con l’imensa gioia di aver trascorso queste ore insieme a voi posso solo dirvi “a presto, vi aspetto ancora amici, in questo borgo abbandonato dell’Aspromonte dove c’è tanto ancora da scoprire!”
América